Come si gestisce l’eredità tra due conviventi? La legge parla chiaro: la prassi corretta da seguire è soltanto una
Quando una persona sposata muore lasciando un’eredità, il coniuge compare tra gli eredi assieme a tutti i figli del defunto, che siano naturali o adottati. Lo stesso accade quando una coppia non è sposata con rito tradizionale in chiesa o con il matrimonio civile ma ha deciso di contrarre un’unione civile.
Purtroppo il meccanismo non è lo stesso per le coppie di fatto, cioè per le coppie omosessuali o eterosessuali che convivono stabilmente. Questo significa che, alla morte di un convivente che lasci un’eredità il convivente superstite non eredita nulla perché, di fatto, non è effettivamente legato al defunto secondo i vigenti termini di legge.
Si tratta ovviamente di una situazione molto incresciosa, soprattutto se le due persone coinvolte nella convivenza hanno trascorso molti anni assieme. Fortunatamente c’è modo di far rientrare legalmente il proprio convivente tra gli eredi in maniera che possa ottenere anche lui una parte dell’eredità lasciata dal de cuius.
Quando una persona muore senza lasciare alcun testamento i suoi beni passano in eredità ai suoi figli e al suo coniuge. Qualora la persona defunta non avesse avuto figli, entreranno a far parte del novero degli eredi anche i suoi genitori. Questo schema di base può essere alterato tramite una volontà testamentaria correttamente espressa dal defunto, cioè notificata e registrata da un notaio secondo i termini di legge.
L’unico modo per far rientrare legalmente un convivente tra gli eredi è infatti nominarlo nel proprio testamento. In questo modo a lui potrà essere destinata tutta o una percentuale dell’eredità residua, ovvero dell’eredità rimanente dopo che tutti gli altri eredi avranno ricevuto quanto stabilito dalla legge.
Se si desidera lasciare al partner la casa in cui si è convissuto, perché possa continuare a viverci anche dopo essere rimasto solo, bisognerà intestare o cointestare l’abitazione al convivente. In questo modo si andrà a preservare il bene o una percentuale di quel bene immobile che, quindi, non verrà coinvolto nelle pratiche di successione e verrà “salvato” per il convivente.
Si tenga presente però che intestare la casa al partner significa di fatto fargli una donazione e questo metterebbe gli altri eredi nella posizione di poter reclamare il bene immobile dopo 10 anni dalla morte del donatore. Se si vuole evitare una situazione del genere sarà bene fare ulteriori specifiche nell’atto testamentario.
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